Perché non sei contenta? E che ne so!
Perché non sei contenta? E che ne so!

Perché non sei contenta? E che ne so!

            La sai una  cosa che trovo interessante nelle nostre conversazioni? Intendo dire quelle in cui ci imbattiamo quotidianamente e che riguardano un po’ le solite cose. Di qualunque cosa si parla, si parla sempre di se stressi. Quando ascolto chiacchierare in un bar,  al mercato, in un negozio, in libreria o qualunque altro posto  mi accorgo che gli argomenti non sono tanto importanti quanto il bisogno di esprimersi. Di raccontare qualcosa di sé.

           Mi capita di ascoltare  le solite battute sul tempo che migliorerà o peggiorerà, ma che tanto non possiamo farci niente. Appassionati discorsi calcistici sui risultati  della squadra del cuore che non ha vinto però meritava almeno il pareggio dato che ha giocato bene.  E che dire degli accesi scambi di opinioni sul governo o sull’amministrazione locale con molti consigli su cosa andrebbe o non andrebbe fatto, perché così non si può più andare a vanti.

          Uno dei temi privilegiati nelle conversazioni dei grandi sono le malattie, quelle stagionali, quelle croniche, quelle dei parenti, corredate dagli esiti particolareggiati degli ultimi esami del sangue e delle urine. Per i più giovani invece il sesso è sempre argomento di attualità, con narrazione di performance o con confessioni di scappatelle e tradimenti.  Tema poi sempre classico e inossidabile, i soldi. Quelli che non bastano mai.

         Ma qualunque sia l’argomento scelto e dibattuto, lo svolgimento tradisce la voglia di ognuno di parlare di sé. E naturalmente  anche quel che diciamo del tempo o dello sport,  delle malattie, del sesso o dei soldi ci fa da specchio sulla nostra situazione del momento. Sullo stato d’animo di quel frangente, all’inizio o alla fine di un giorno nel quale non è accaduto magari  niente. Niente di significativo nel volume monotono di settimane quasi tutte uguali, farcite di insofferenza e malesseri ordinari.

         Conosco da tempo questi scenari quotidiani che sono stati a lungo anche i miei. Li capisco e continuo a rispettare pensieri e sentimenti di cui tuttavia adesso vedo anche i limiti e spesso la sterilità. Ora che qualche passetto sulla strada della consapevolezza di me l’ho fatto, ascolto quando capita queste conversazioni cogliendo l’opportunità di suggerire uno spunto diverso di riflessione. Anche solo una battuta che sia – almeno è quel che mi auguro – stimolante a considerare un punto di vista diverso. Cerco di fare  insomma quel che fa piacere gli altri facciano a me offrendomi aperture su modi diversi di vedere le cose. Credo che siano gesti semplici di amore.

        Perché non salutare sorridenti il sole e accorgesi che c’è con la sua luce e il suo calore? E perché non benedire la pioggia che ci assicura l’acqua per la doccia? Perché non ringraziare gli sportivi di ogni disciplina per le emozioni, per lo svago e la spensieratezza che ci forniscono  (anche quando sono ben retribuiti per farlo)?  Lo stesso vale per i governanti: consideriamo che ce ne sono anche di ottimi che servono il paese con serietà e dedizione al bene comune. E invece di accanirsi a descrivere malattie, perché non vedere come migliorare la propria salute con scelte intelligenti di benessere fisico e psichico? E perché non guardare al sesso anche come bellissima espressione di crescita spirituale; e al denaro non come signore e tiranno, ma come servitore di ogni nobile ideale ad esaltazione della Vita?

       Un giorno appena sceso dal treno sono testimone della conclusione di una conversazione  tra due signore. Sento l’ultima battuta di una delle donne che dice all’altra: “Perché non sei contenta?” – Sto per uscire dalla stazione e sento la risposta : “E che ne so!”.

      Entrambe le espressioni mi hanno fatto riflettere. Tanto la domanda che la risposta.  Non essere contenti e non saperne la ragione: nulla credo di strano.  Sono pervenuto a due considerazioni

      1. Dobbiamo cercare di capire cosa non ci rende contenti.

      2. Renderci conto che in fondo è solo questioni di scelte… igieniche.

     Ma di questo dirò in un prossimo articolo.

     Un abbraccio.

     Mauro

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