Lacrime
Lacrime

Lacrime

       Sì, lacrime. Che non riesci a trattenere, che non ce fai a nascondere a te stesso anche quando sei solo con la tua anima e quasi implori che non sia reale quello che sta accadendo. Il crepuscolo e la notte non ti aiutano a far tacere le domande della tua inquietudine per la sorte di quanti con te sono in questo infernale ologramma che odora di morte. Trattieni a stento quei rivoli di fragilità che ti bagnano gli occhi ogni volta che senti parole che nulla hanno di umano, perché figlie di un vento tagliente  di tramontana che ti raggela il cuore. Vorresti non fosse, non sai tutto il perché, ma qualcosa hai capito su come sia stata possibile questa glaciazione perversa.

       Lacrime, quelle di oggi, che forse solo nei massacri sanguinosi delle guerre hanno un qualche riscontro. Quelle, quanto meno, avevano una terribile e sciagurata evidenza nei nemici. E, comunque, una certa esultanza contagiosa e liberatoria alla fine delle ostilità arrecava una qualche pace alle anime che piangevano i propri cari caduti per patria. Indietro nel tempo, lontane, troviamo le lacrime degli eroi: la commozione struggente per l’amico passato di spada, la tristezza sgomenta per la patria lontana, la disperazione avvilente per i volti amati dispersi nei ricordi, la collera rabbiosa nel dolore per le avversità rovesciate sull’esistenza da un destino crudele. No, amati Greci, nessuna tragedia vostra è tuttavia pari al nostro dramma in cui nessun sipario sembra calarsi e nessuna tregua è concessa alla strisciante ansia per un presente senza tempo. Cui si avvelena ogni speranza.

       Lacrime per notizie di libertà sempre più calpestate, per autorizzazioni richieste per il semplice vivere, per la derisione senza posa di ogni parere che non sia quello dettato, per verità scientifiche mentite e distorte o drogate. Il viso si riga agli annunci rinnovati di quotidiane manette che si stringono ai polsi nel vilipendio alla dignità di ogni diritto a respirare la vita, a coltivare serenamente gli affetti, a gioire della bellezza del mondo che ci è stato donato. La gola si annoda quando sei testimone quasi incredulo che davvero il sonno della ragione ha generato mostri. Siano essi gli assassini incravattati della civiltà democratica o abbiano sembianze di spettri che si aggirano nei cuori ad ispirare comportamenti che una mente desta respingerebbe risoluta. A nulla è servito al filosofo annunciare che è possibile lasciare le ombre della caverna perché ci sono raggi di sole meravigliosi che illuminano la Natura umana di divina fragranza. Piange l’anima a osservare tanto attaccamento a ombre vuote. Ad accanirsi nel preferirle al luminoso cielo della conoscenza. Nella cecità encefalica che ha intorbidito ogni capacità di critica, di autonomia di giudizio, di pensiero autonomo. Forse persino di intelligenza.

       Lacrime, ancora, che scorrono quando i tuoi occhi scorgono il baratro verso il quale  una folla immensa di umanità vicina e lontana si è incamminata inconsapevole del pericolo, avvolta nella suggestione che l’ha intorbidita e attanagliata da una paura silente che ha scelto per lei. Provi commozione e capisci a quanto dramma inconsapevole  possa portare una rappresentazione impoverita del mondo perché poco o nulla la propria mente è stata nutrita di contemplazione della sapienza e di pratica della virtù raccontate e vissute nei secoli.

       Lacrime che ritornano, insistenti, a rimarcare la devastazione di una società che viene martoriata da decreti senza ragione e fiaccata senza ritegno da quotidiani annunci di nuovi obblighi, di restrizioni e divieti, di minacce e di intimidazioni, con insistenza martellante  su distanziamenti insensati, su museruole inefficaci e assurde, su lasciapassare vigliacchi e pretestuosi. Inconsolabile afflizione per l’arroganza di un potere che in nessun conto ha il rispetto del libero pensiero e dell’etica, nell’ignoranza perpetrata di ogni valore genuinamente politico.

       Lacrime che scendono amare ogni volta che da filosofo vedi l’irrazionalità di disposizioni e di ingiunzioni sprovviste di una qualche logica. Come non piangere quando si continua a inoculare nelle persone un siero genico spacciato per vaccino? In cui si sono trovate tracce di grafene non dichiarate. Per un virus che ha generato una mortalità dello 0,05% della popolazione. E che ha portato per il 90% al decesso persone ultraottantenni con altre patologie. Per il quale esistevano più soluzioni senza alcun bisogno di una campagna di profanazione dell’integrità fisica di milioni di persone. Che si sono lasciate fare abusando della loro credulità e sfruttando le loro paure.

      Lacrime sì, e per qualche istante hanno il colore scuro della collera quando ascolti una giornalista dichiarare di essere costretta a dare notizie non vere per la pressione esercitata da alcune personalità politiche intenzionate a nascondere i veri motivi di una interminabile emergenza che esaspera i giorni di milioni di persone in balia dei disegni scellerati di persone irresponsabili. Come non provare indignazione per tanta sconcertante rivelazione? E l’impotenza ti sbigottisce. Solitudine.

Lacrime disgustate per i silenzi di chi dovrebbe parlare e ne temi forte la complicità. Ti strugge vedere la cattolicità tirata a dadi da papi torbidi e ambigui che regnano ancora sua qualche coscienza obbediente perché non si perdano del tutto le prebende che ancora qualche potere alimentano. Il disfacimento della Carità è orami irrimediabile, come la decomposizione di una fede intorpidita e ipocrita che nulla ha più da dire a quanti non credono più a parole orfane della sincerità del cuore. E i silenzi assordanti di quanti si solo lasciati comprare dagli dei onnipotenti del denaro. Serve a qualcosa piangere pensando a quanta corruzione sta imputridendo il paese?

     Lacrime che non puoi trattenere quando assisti a sportivi che si abbracciano accavallandosi gli uni sugli altri a esprimere la gioia del successo in un palazzetto con dodicimila persone festanti e poi vedi una maestra che a forza costringe un bambino di tre anni a mettere la mascherina mentre lui ripetutamente se la toglie sotto gli occhi di una madre che filma l’evento. Piango per il mio Paese.

     Le lacrime di un filosofo non sono diverse da quelle di ogni altro Essere umano consapevole della miseria in cui siamo sprofondati e alla vista della tirannia che decine di milioni di concittadini sembrano accettare tra un silenzioso terrore inconfessato e una rassegnazione da assopire a fatica, da condire con una iperattività  dall’effetto narcotizzante. E pensi con inquietudine a quando molti si risveglieranno da questa ipnosi: quale prezzo pagherà la loro coscienza rabbiosa scoprendo il raggiro tremendo a cui una spietata propaganda li ha spaventosamente sedotti? Dirà loro qualcosa la parola… transumani?

    Tra le lacrime di sconforto non mancano però momenti in cui gli occhi si inumidiscono invece per la commozione alla vista di tanta parte di Umanità che si riconosce ancora nella bellezza della vita e nella possibilità che un cambiamento sia sempre possibile. C’è ancora chi pensa fuori dagli schemi anche se è tanto difficile farlo dentro uno schema tanto ben strutturato. Scriveva argutamente un filosofo che “Ciò che il gregge odia di più è chi la pensa diversamente; non è tanto l’opinione in sé ma l’audacia di pensare da sé, qualcosa che non sanno fare”. Nella mia incrollabile fiducia nella Natura umana continuo a credere che sia possibile non belare più e osare il ruggito della Felicità.

Ci sono allora momenti belli in cui gli occhi si asciugano e lasciano passare anche la luce di un sorriso. Sono forse ormai l’unico filosofo che parla di Felicità. Una parola bandita dal lessico quotidiano. Estranea al pensiero e al comportamento, la Felicità è e resta il solo fine per il quale valga la pena vivere. E se per essa si tratterà di morire, lo si farà per qualcosa che merita tanto dono. Nell’angoscia dei mesi bui, sono stato probabilmente l’unico a parlare di Felicità e dedicarle un libro, convinto che è Lei il nostro destino. Sapevo che Eu-dàimon. La felicità nell’anno di grazia 2020 non poteva essere che un libro per tutti e per nessuno perché è arrivato troppo presto. Ma farà il suo corso. Continuo ad essere un ottimista: si farà strada nelle menti e nei cuori l’idea di Felicità come Bene supremo, unica ragione della Vita. Sarà Lei alla fine a trionfare.

     Non importa se forse non vedrò quel giorno, un filosofo lo sa che “la vita può essere capita solo all’indietro, ma va vissuta in avanti”.

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